Io sono Mugrh (di Giulia C. – classe I A)

Data:

mercoledì, 28 novembre 2018

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Creare collegamenti interdisciplinari al fine di sviluppare competenze più mature è uno degli obiettivi fondamentali, fin dalla scuola secondaria di primo grado.

Recentemente, la classe I A, in italiano, ha studiato le caratteristiche del racconto e del romanzo d’avventura, leggendo e analizzando in maniera interattiva alcuni brani; parallelamente, con l’insegnante di storia, si è parlato di Unni e migrazioni germaniche, al termine dell’Impero Romano.

Dunque, perché non unire i due argomenti, dandone una continuità multidisciplinare, in maniera creativa?

Ecco il risultato di una giovanissima scrittrice in erba della I A.

Prof. M. Somà

 

Era mattina. La vallata era silenziosa e avvolta dalla nebbia. La mia famiglia stava svegliandosi.

Improvvisamente un grido lacerò l’aria.

Comparve un gruppo di uomini a cavallo, armati fino ai denti, seguito da case su ruote, trainate da decine di buoi.

Ulla, da dentro casa, mi chiese: «Mugrh, che cosa succede?» «Ci sono dei guerrieri», risposi io.

«Buongiorno.», disse quello che sembrava il capo, «Io sono Attila, il re degli Unni; sei tu il capo-famiglia?» Risposi: «Sì, sono io». Mi disse ancora: «Allora ti devo chiedere qualcosa di importante». Ribattei: «Vieni in casa, così sente anche mia moglie».

Quella che chiamavamo casa era una tenda montata sopra un carro: siamo nomadi. Era una dimora con un tavolo, quattro sedie, una cucina rudimentale ma molto attrezzata e tre giacigli con paglia pulita.

Quando ci fummo accomodati, Attila disse: «Noi siamo in viaggio per andare a conquistare Roma e vi diamo due possibilità: venire con noi o essere schiacciati dal mio esercito». Ulla rispose: «Ve lo diremo stasera, così avremo il tempo per pensarci. Intanto, riposatevi».

Quando fummo soli, io dissi: «Abbiamo fatto affari con Roma e i Romani ci hanno protetto. Dobbiamo aiutarli». Ma Ulla rispose: «È vero, ma come facciamo con gli Unni?» «Semplice.», risposi io, «Fingiamo di uscire per andare a caccia dicendo che torneremo per la sera e invece andiamo a Roma».

Intanto, Rok e Sven si svegliarono e chiesero: «Che cosa è successo?» Noi rispondemmo: «Adesso andiamo a caccia, poi vi spieghiamo».

Quando Attila vide che partivamo, mi chiese: «Dove andate?» Risposi: «A caccia: le riserve di cibo sono finite. Torneremo per stasera».

Quando furono abbastanza lontani, mandai Rok e Sven a vedere se gli Unni ci stessero inseguendo, ma mi dissero di no; poi raccontai loro tutta la storia e ripartimmo.

Quando venne la sera, quegli uomini venuti dall’Est si accorsero che non tornavamo e partirono a cercarci, dicendo che quando ci avrebbero trovato ci avrebbero schiacciati. Ma noi eravamo già sul confine.

Quando le truppe e i generali romani ci videro, si ricordarono di noi e ci fecero passare, chiedendosi cosa volessimo. Io risposi: «Dobbiamo parlare con l’imperatore». Loro ci fecero da guida e, quando fummo al suo cospetto, dissi: «Gli Unni vogliono invadervi: chiedo di essere messo nell’esercito e che i miei figli vengano istruiti».

Quando Attila e i suoi arrivarono, combattei con l’esercito romano e, ben presto, anche i miei figli avrebbero seguito la mia sorte.

 

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